Sentirsi in colpa

Eravamo una quindicina di operatori in quell’ufficio e alcune postazioni non erano ancora state occupate. Luciana stava cercando altri kamikaze da arruolare. A parte Mariella e un’altra signora, il gruppo era composto interamente da ragazzi. Molti di questi laureati (e disperati), parcheggiati lì dentro in attesa di un miracolo.
Una volta laurearsi voleva dire quasi sempre assicurarsi una bella vita, già un diploma ne apriva di porte… Oggi con (solo) la maturità scientifica ti ci puoi pulire il culo. Si studia di più, si ottiene di meno. Prima il diploma, poi la laurea e, quindi, i vari corsi di specializzazione. Stage, tirocini, master e abilitazioni… tutte puttanate inventate ad hoc per spremere risorse, speranze, tempo e i miei poveri coglioni.
Se poi ti trovi in un paesino del cazzo nel Centritalia, sperduto tra gli Appennini, lontano da tutto e da tutti, dove non c’è nemmeno una cavolo di stazione ferroviaria, beh, la faccenda diventa ancora più complicata: sognare diventa veramente un lusso, se non alzi il culo e te ne vai. Se nasci figlio di operai rimani operaio, se nasci figlio del capo diventi il suo vice, mentre se tuo padre fa l’avvocato, allora, forse, hai già un posto riservato nel suo studio. Non è sempre così, ovviamente. Ci sono le eccezioni. Ci sono sempre le eccezioni… Ma io? Ero un’eccezione o ero solo un altro dei tanti illusi?
Per quanto tempo ancora potevo andare avanti sperando di realizzare i miei sogni? 
Studiare e sperare…

Forse esiste davvero un destino per tutti noi e, quasi sempre, non riserva altro che una vita ordinaria, priva di prospettive e con le solite problematiche: il conto in rosso, il conto alla rovescia, l’affitto a vita, la sveglia alle cinque e mai una vacanza. Poi, ti si cariano i denti e non hai nemmeno i soldi per farteli curare.
Ti senti in colpa per i soldi spesi negli studi, per un lavoro che non c’è e per un futuro che è sparito. Rubato… a un’intera generazione. Ti prendi finalmente la tua laurea del cazzo e un bel giorno scopri che l’unica possibilità che hai è quella di dannarti l’anima in un call center. Pensi all’estero, che cosa puoi fare? Andare a lavare i piatti in qualche ristorantino, friggere patatine in un fast food. Va bene, non c’è nulla di male, ma…

E, intanto, il senso di colpa cresce.
Poi, la vita continua, passa e dimentichi…

Mi è stato rubato il futuro e mi fanno anche sentire in colpa.

(1° capitolo, Sulla strada della Follia)

Marco MR ©