“Un Horror Show continuo”

Adesso è il periodo delle cene. O dei pranzi. 
È il periodo del dovere… far vedere. Sei adulto, più maturo… credono, vorrebbero. Sei pronto a prendere tutto per mano, la situazione, e fare… come loro. Imitare: lavoro, casa, famiglia, fidanzata, cena, anello, diabete. Non ce la faccio… al sol pensiero mi sento soffocare da tutta questa (a)normalità. Routine limitante. Voglio il divorzio da questa vita. Rate e sveglia… mamma mia, che inferno. Sempre di corsa, sempre in ritardo… Io, questi ritmi, non li reggo. Voglio farla finita. Sparire. Ciao a tutti, è stato bello, ma io, davvero, a questo gioco non voglio più giocare.
Imitazioni sociali. Ventenni che giocano a fare i grandi, quarantenni che giocano a fare gli adolescenti. Vomito (su di loro, magari). E i vecchi? Non ci stanno capendo più nulla. È tutto troppo! È misantropia!


“Un horror show continuo”, diceva lo scrittore a me più caro.

Diabete e vomito.
Questi qua… c’è quello che sa tutto e quello che vuole troppo. C’è quello che non se ne frega niente di niente e quello che… c’è diventato pazzo. A furia di, a furia di… cercare un cavolo di senso. A tutto questo, all’imitazione, al rincorrersi, al perseguire e fallire, alla casa, al mutuo, alla stanchezza perenne… Perché devi sentirti così stanco?
C’è quello che è diventato pazzo, perché così, pensava, non può esser normale; proprio, eppure… eppure, tutti dicono sia normale. È normale. È diventato pazzo, perché stanco alla sera, rinunciava lo stesso al sonno per la disperazione, rinunciava lo stesso al sonno per trovare una qualche soluzione, ma niente: questa qua non arrivava mai.

Marco MR ©