Loro non lo sanno

Mi chiamano asociale.
“Non esci mai. Cazzo ci stai a fare sempre chiuso in casa?”
Non esci mai.

Sogni assaporati,
ricordi divorati,
cene rimandate:
è la follia…
è la socio-fobia.

Loro non lo sanno,
non possono capire. E questa maschera…
Loro non lo sanno,
pensano sia tutto facile!
Uscire a prendersi un caffè, è facile.
Mangiare,
incontrarsi e conoscersi. Parlarsi e divorarsi…

Le ho regalato un fiore una volta.

Mi vogliono alle loro feste, ai loro anniversari…
E a me farebbe anche piacere andarci, ma…
non è un esame, non è un pregiudizio: è un abisso nell’inconscio.
Non posso mettere tutte le volte quella maschera.
Non posso mettere tutte le volte la maschera della forza,
della normalità,
dell’abitudine.
Della sanità mentale.

Fa troppo male.
Mi comprime, mi tortura.

Marco MR ©

 

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Dovevi prendere un treno, dicevi…

dovevi prendere un treno, dicevi…
partire;
dovevi prendere il tuo aereo
e volare.

quel grosso valigione nero, con dentro tutte le tue speranze.
dicevi che avresti fatto un mucchio di cose. finalmente. un mucchio di cose.
dicevi…

volevi nascere, soprattutto. e vivere…
quella vita!
inseguire quel mondo! passo, soltanto, volando. no…

volevi…
volevi, volevi e poi…

è successo qualcosa.

Marco MR ©

Il Virus dentro me

Il Virus dentro me

cosa mi sta succedendo?

sogni mangiati,
ricordi divorati,
cene rimandate,
pazzia.
sto scomparendo…
allontanandomi…
il bisogno…

non è più vita questa,
non è normale,
non è possibile,
quello che sta succedendo non ha alcun senso.

cosa sto facendo? sto aspettando. temporeggiando.
morire. cadere così in basso, precipitare,
disintegrarmi, e poi…

cadere così in basso da non poter più cadere.
mi lascio vincere dalla gravità,
mi lascio schiacciare.

non è la mia vita!
questa non è la mia vita:

è un virus,
è un demonio
che m’ha preso
e non mi lascia,
mi usa
e mi devasta.

voglio farla finita,
voglio uccidere quell’essere
che s’è portato via la mia libertà.

Marco MR ©

La Finestra dell’Ospedale

La Finestra dell’Ospedale

Sono chiuso in questo ospedale da giorni, all’interno di una piccola stanza con due posti letto. Il mio è quello vicino alla finestra. Se mi tiro un po’ su col collo riesco a vedere fuori la gente che passa. La signora anziana col bastone, giovani medici, qualche bambino che corre e i genitori.

In camera ogni tanto entra un’infermiera. Ogni tanto un amico.
Poi vanno via ed io rimango di nuovo da solo. L’altro letto non è occupato.

Non ci sono molte cose da fare in ospedale. Stai un po al PC, leggi, cerchi qualche sito per guadagnare dei soldi con Internet, ma nulla. Mi sento inutile. Tutto ciò che faccio sembra solo una specie di ripiego, una vano e disperato tentativo di sentirmi ancora vivo, quando di vita in me ce n’è rimasta ben poca. Sto bruciando.

Se potessi uscire almeno un giorno. Un solo giorno di vita sana e aria libera.
Se solo potessi trasferirmi nel corpo di qualcun altro e provare per un attimo cosa vuol dire stare bene, ridere, amare, baciare, fare l’amore, sentire, viaggiare, giocare, saltare, correre, nuotare, scherzare, dormire. Cosa vuol dire essere normali.

E mi dispiace […] Peccato, perché mentre gli altri vivono, io guardo, inerme, come uno spettatore che non può intervenire. Vorrei partecipare. Vorrei prendere parte anche io a questo film. Perché sento che sarei un gran bel protagonista… e invece sono solo uno sconosciuto, una comparsa costretta a starsene seduta sul letto bianco di una stanza bianca di un ospedale bianco che guarda la gente passare dalla finestra. Bianca.

Se solo potessi guarire. Se solo sapessi come guarire. Se solo sapessero come guarirmi.

Cosa farei se potessi uscire da questo ospedale? Se mi dicessero: “È tutto ok, vai pure”. Se tutto questo fosse solo un controllo di routine, come il collaudo della macchina: “Devi solo cambiare l’olio, e far sistemare la freccia”.  Cosa farei se potessi davvero alzarmi da questo letto, muovermi verso la finestra e fermare quelle persone che vedo passare ogni mattino…

Marco MR ©