Petrolio, Cranio Randagio

Io volerò, io volerò via
come un gabbiano pure se il petrolio mi pesa sul dorso smorzando la scia
io volerò via, io volerò via
perché nel cielo c’è molto di più
che in questa terra sbranata da gru
che in questo oceano sempre meno blu…

Dammi un motivo per restare
per mollare l’ancora
qui dove tutto è un detestare
ciò che l’altro fa

Ci hanno oppressi per testare
quanto è forte l’anima
per quanto a pezzi possa amare
un giorno spirerà
cammino fra le spighe come Russel
slacciando le corazze perché non mi serviranno, casa mia è sicura
ma quanto può far male dopo anni di battaglie ritornare a casa
e ritrovare gli affetti in cenere scura?
eh? eh? ma quanto cazzo è dura?

Riposa in pace Vittorio

Malinconia

La malinconìa è un sentimento che provoca una tristezza costante. Il significato della parola va dal semplice stato d’animo a una forma anche grave di depressione (più spesso detta melanconia o melancolia, o più raramente melencolia).

La parola deriva dal latino melancholia, che a sua volta trae origine dal greco melancholía, composto di mélas, mélanos (nero), e cholé (bile), quindi bile nera, uno dei quattro umori dalle cui combinazioni dipendono, secondo la medicina greca e romana, il carattere e gli stati d’animo delle persone.
Gli antichi Greci, da Ippocrate in poi, ritenevano infatti che i caratteri umani e, di conseguenza, i loro comportamenti, fossero frutto della varia combinazione dei quattro umori base, ovvero bile nera, bile gialla, flegma ed infine il sangue (umore rosso).
Questi “umori”, ovvero liquidi (dal greco ygrós, “umido, bagnato”), proprio in conseguenza delle credenze antiche, significano “stati d’animo” e da essi derivano etimologicamente il carattere “melanconico“, quello “flegmatico” (flemmatico), quello “sanguigno” ed infine il “collerico“. Di per sé quindi ciascuno dei quattro umori non costituiva una malattia, ma un loro squilibrio poteva esserne la causa fino a degenerare nella morte.

Il significato di “umore nero” non era da ricollegare al senso moderno di rabbia o stizza, ma piuttosto al “dolce oblio”, una leggera venatura di tristezza che pervadeva il carattere, rendendolo profondo ed orientato alla pace ed all’introspezione. La malinconia si distingue benissimo dalla comune tristezza in quanto il malinconico ha uno stato di “consapevole impotenza ” vicina alla depressione e rivolta al passato. Ancora oggi riconosciamo agli artisti un carattere prevalentemente melanconico, proprio per questo capace di cogliere gli aspetti della vita che sfuggono ai più audaci ed irruenti.

Si potrebbe definire come il desiderio, in fondo all’anima, di una cosa, di una persona mai conosciuta o di un amore che non si è mai avuto, ma di cui si sente dolorosamente la mancanza o per raggiungere il quale non ci si sente all’altezza. La malinconia si manifesta in espressioni del viso e in atteggiamenti indolenti che caratterizzano spesso l’intera esistenza di un individuo.

Il malincolico tende spesso, inoltre, ad escludersi dalla vita sociale, interrompendo i legami affettivi (come l’amicizia), per poi, quando lo stato malincolico è più celato, risanare i labili rapporti. Questo è, dunque, un continuo stato di transitorietà e di tumulto interno che porta il soggetto, tra l’altro, a negare il passare del tempo, volgendosi con languore verso un passato o un futuro idilliaco, fuori dal tempo, che tuttavia è reputato impossibile da stabilire nel presente.

Burton considera la malinconia una patologia, una malattia della mente, e ne descrive le cause e i sintomi, la prognosi e le possibili terapie proposte nel corso dei secoli. Sebbene da questa descrizione il testo di Burton possa apparire come un testo rinascimentale di medicina, in realtà è un’opera letteraria di pertinenza filosofica, più che scientifica. La malinconia, per Burton, è infatti una manifestazione alla quale è possibile ricondurre qualsiasi altro sentimento…

***

Sehnsucht è una parola-chiave dello spirito romantico tedesco, che incarna un concetto tipico della cultura romantica, reso in italiano per lo più con il termine “struggimento”. Deriva dall’antico alto tedesco, Sensuht“, nel senso di “malattia del doloroso bramare” e indica un desiderio interiore rivolto ad una persona o una cosa che si ama o si desidera fortemente. Questo stato d’animo è direttamente collegato al doloroso struggimento che si prova nel non potere raggiungere l’oggetto del desiderio. In alcuni casi specifici, come per le persone che si lasciano consumare dalla Sehnsucht, essa può assumere tratti patologici e psicopatologici, molto simili alle molteplici forme di desiderio di morte, che possono raggiungere un proposito di suicidio.

Secondo Ladislao Mittner, indica l’anelito verso qualcosa di ancora mai attinto. Può ricordare la nostalgia (Heimweh), ma mentre la nostalgia è il desiderio di riappropriarsi del passato, spesso legato ad oggetti precisi, la Sehnsucht è la ricerca di qualcosa di indefinito nel futuro. Più precisamente, si potrebbe tradurre Sehnsucht con “desiderio del desiderio”: deriva infatti dai termini das Sehnen, il desiderio ardente, e die Sucht, la dipendenza. Letteralmente, quindi, Sehnsucht potrebbe essere tradotto come dipendenza dal desiderio, ovvero il costante anelito che porta l’essere umano a non accontentarsi mai di ciò che raggiunge o possiede, ma lo spinge sempre verso nuovi traguardi. Un concetto affine è quello di malinconia. Heidegger, invece, ne individua un diverso significato, poiché Sucht è da intendere nel suo significato originario come “dolore”.

(Wikipedia)

Il poeta è come l’albatro

Il poeta è come l’albatro

“Il poeta” – scrive Baudelaire – “è come l’albatro”. L’albatro domina col suo volo gli spazi ampi: le sue grandi ali lo rendono regale nel cielo ma se gli capita di essere catturato dai marinai si muove goffo e impacciato sul ponte della nave e diventa oggetto di scherzi e di disprezzo; e sono proprio le grandi ali che lo impacciano nel muoversi a terra.
Anche il poeta, trasgressivo e maledetto, è abituato alle grandi solitudini e alle grandi profondità delle tempeste interiori e in queste dimensioni domina sovrano; anche lui, come l’albatro, può sembrare goffo e impacciato nella realtà quotidiana, nella quale non si muove a suo agio.

Il poeta insomma ha il dominio della realtà fantastica, ma nella realtà materiale è un incapace e riceve l’incomprensione e il disprezzo degli uomini, esattamente come accade all’albatro.

La poetica di Springsteen

«La mia musica ha sempre voluto misurare la distanza tra la realtà e il sogno americano.»
(Bruce Springsteen nel 2005 durante la tournée per Devils & Dust)

Per la carica evocativa delle sue canzoni, Bruce Springsteen è stato accostato agli storici «storyteller» («narratori») americani come Woody Guthrie, Pete Seeger e Bob Dylan. Le storie che racconta sono state lette come paradigmatiche delle dinamiche sociali statunitensi, con un forte risvolto collettivo che ha contribuito ad aumentare la sua reputazione di osservatore privilegiato della realtà del suo paese, al punto che col tempo il cantante ha potuto spendere la sua autorevolezza anche in campo politico. Considerando la specificità della cultura americana dove musica popolare e colta coabitano in armonia, Springsteen è stato avvicinato anche alla grande letteratura: il corpus delle sue canzoni è ritenuto in tal senso «una sorta di Grande Romanzo Americano». I suoi brani, pur essendo ambientati in luoghi a lui familiari o tratti direttamente dalla sua esperienza, presentano vicende non necessariamente autobiografiche, in cui il musicista assume spesso la funzione di voce narrante.

A partire dagli anni ottanta, e in particolar modo dopo il disco The Rising del 2002, il cantautore è stato oggetto di studio per la sua incidenza nella letteratura americana, per la sua visione politica e sociale, nonché per il suo ruolo di ispiratore di un movimento di rinascita dopo gli eventi dell’11 settembre. L’artista del New Jersey è uno degli esponenti della musica popolare a cui sono stati dedicati più libri biografici, saggi di critica e tesi universitarie, superando in questo tanto Dylan quanto Presley.

La scrittura di Springsteen è stata definita «cinematografica». Nella sua produzione hanno esercitato una considerevole influenza alcuni film come Badlands di Terrence Malick (La rabbia giovane in italiano), da cui è tratto il titolo di una sua celebre canzone, e libri come Furore di Steinbeck, mediato però dalla visione dell’omonimo lungometraggio di John Ford. Molte storie narrate nelle sue canzoni ricalcano quelle della scrittrice Flannery O’Connor, che Springsteen conobbe attraverso il film La saggezza nel sangue (Wise Blood in originale) ispirato all’omonimo romanzo dell’autrice della Georgia. I pezzi The River e A Good Man Is Hard to Find, in particolare, prendono il titolo da due racconti di O’Connor.

Springsteen visse un approccio conflittuale con l’educazione cattolica che gli fu imposta a scuola e al catechismo, al punto che nell’adolescenza si allontanò dalla religione e in alcune delle sue primissime canzoni – quasi tutte rimaste inedite – rappresentò in modo dissacrante e caricaturale le figure del Vangelo. Nei suoi dischi, tuttavia, il cantautore ha fatto ricorso di frequente a immagini bibliche tratte dal cattolicesimo e più spesso dalla cultura protestante americana, impiegate per la loro carica emozionale più che per i contenuti teologici. Il fiume, presente in numerosi suoi testi, è per esempio un elemento salvifico che rimanda al battesimo per immersione tipico delle chiese evangeliche; la «terra promessa» è la destinazione, spesso irraggiungibile, di molti viaggi descritti nelle sue canzoni, ma è anche sinonimo della «terra delle possibilità» a cui si riferisce il concetto del «sogno americano». Così la «promessa infranta» e il «prezzo da pagare», altre figure molto utilizzate, rappresentano l’esito disilluso di questa ricerca.

I personaggi pittoreschi e improbabili che popolavano le ambientazioni urbane dei primi dischi hanno subito una rapida evoluzione verso un maggiore realismo, lasciando progressivamente spazio a persone comuni afflitte dai medesimi problemi economici o familiari che Springsteen aveva conosciuto attraverso i suoi genitori e i suoi amici. A partire da Darkness on the Edge of Town, la precarietà e la mancanza di lavoro si sono affermate come soggetti ricorrenti nei suoi testi, al punto che Springsteen – anche con riferimenti politici espliciti, seppur non del tutto pertinenti – iniziò a essere definito «l’eroe della classe lavoratrice» («working-class hero»), essendo identificato come l’artista che dava voce a quella grossa fetta della società americana nota come «blue collars» (i «colletti blu», ovvero gli operai con la tuta da lavoro, in contrapposizione alla categoria dei cosiddetti «colletti bianchi»).

Il tòpos della fuga, soggetto centrale in Born to Run, fu in seguito declinato come volontà di lasciare l’insicurezza finanziaria e l’iniquità sociale alla ricerca di migliori condizioni di vita, collegandosi all’idea originaria del «sogno americano» che secondo Springsteen consiste essenzialmente nella speranza di «vivere qui come una famiglia, dove i forti possono aiutare i deboli e i ricchi possono aiutare i poveri. Sapete, il sogno americano, e non credo si intendesse che tutti avrebbero fatto un milione di dollari». La mancata concretizzazione di questa prospettiva è divenuta l’argomento di molte canzoni a sfondo sociale a partire dagli anni ottanta: con l’album The Ghost of Tom Joad, in particolare, il cantautore descrive la condizione di coloro che hanno sofferto le conseguenze della grande depressione degli anni trenta (con echi di Steinbeck e Guthrie) e la sorte del tutto analoga dei disoccupati e degli immigrati clandestini messicani degli anni novanta. Dopo l’ottimismo di Working on a Dream del 2009, in cui il musicista esorta gli ascoltatori a spendersi per la realizzazione del «sogno» incarnato nella figura del presidente Barack Obama, il tema della promessa non mantenuta tornò a essere centrale tre anni dopo nel disco Wrecking Ball.

Nel complesso, i testi di Springsteen mostrano «diverse facce dell’America, compresi i suoi aspetti maledetti, la sua parte di sconfitta». Tuttavia le sue canzoni sono sempre pervase da un messaggio di speranza, da una fede venata di religiosità nella possibilità di avverare i desideri individuali e collettivi.

[Wikipedia]

ALIENAZIONE

a. Nel linguaggio filosofico, il termine è stato assunto a indicare in genere il trasferimento (effettivo o apparente, avvenuto o presunto, spontaneo o imposto) di qualche cosa di significativo, costitutivo o essenziale, da un centro di riferimento o di possesso ad altro, nell’ambito culturale e vitale della soggettività umana.

b. Nel pensiero di Marx e nel marxismo si insiste sull’estraniazione (o anche lo spossessamento) del prodotto del proprio lavoro a cui l’operaio salariato è costretto dai rapporti di produzione capitalistici e in partic. dal capitalista che ne compra la forza-lavoro.

c. Nella psicanalisi post-freudiana, e nella scuola sociologica di Francoforte, le riflessioni sull’alienazione di sé, della propria natura e della possibilità di crescita interiore, che l’uomo compirebbe nell’economia e nella società dei consumi preferendo l’avere all’essere.

d. In un’accezione più corrente e meno specialistica, lo stato di estraniazione, di smarrimento dell’uomo che, nell’odierna società e civiltà tecnologica, e nell’organizzazione dei ritmi della vita, si sente ridotto a oggetto, e pertanto colpito nella propria identità e strappato alla propria autenticità. In partic., con riferimento all’attività lavorativa, senso di indifferente e quasi ostile estraneità al proprio lavoro, provocato soprattutto dalla mancata conoscenza delle sue effettive finalità, oltre che dal carattere macchinoso e ripetitivo, rigidamente predeterminato nei suoi modi e nei suoi ritmi, che ha spesso il lavoro, spec. nelle fabbriche.

(Treccani)

Lancia il dado

Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
Altrimenti, non cominciare mai.

Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
Ciò potrebbe significare perdere fidanzate,
mogli, parenti, impieghi
e forse la tua mente.

Fallo fino in fondo.

Potrebbe significare non mangiare per 3 o 4 giorni.
Potrebbe significare gelare su una panchina del parco.
Potrebbe significare prigione, potrebbe significare derisione, scherno, isolamento.
L’isolamento è il regalo, le altre sono una prova della tua resistenza, di quanto tu realmente voglia farlo.

E lo farai a dispetto dell’emarginazione e delle peggiori diseguaglianze. E ciò sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare.

Se hai intenzione di tentare,
fallo fino in fondo.
Non esiste sensazione altrettanto bella.
Sarai solo con gli Dei.
E le notti arderanno tra le fiamme.

Fallo, fallo, fallo.
FALLO!
Fino in fondo,
fino in fondo

Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta
È l’unica battaglia giusta che esista.

Charles Bukowski

Dialogo finale, Lupo Solitario (di Sean Penn)

Joe: Sto cercando di capire perché sei diventato un figlio di puttana. Vorrei sapere come posso aiutarti. Sei mio fratello. Sei l’uomo più rabbioso che conosca, Frank, perché? Perché ti piace fare del male… perché non sei vicino a Dorothy mentre sta nascendo il tuo bambino?

Frank : Dimmi una cosa campione, come ti sei sentito quel giorno quando hai fatto fuori quel ragazzo? Eh?

Joe: Non bene Frank.

Frank: No? Avrei giurato che fosse una grande soddisfazione. È una cosa consentita, legale… insomma, hai salvato la tua vita. Per me è questo avere del buon senso, il buon senso della gente comune. È cosi che la pensa la gente…

Joe: Di che tipo?

Frank: Come sarebbe di che tipo?

Joe: Andiamo è una fottuta divagazione…

Frank:  Non è… Quei vigliacchi non ti danno il tempo sufficiente per risolvere un problema. È una lezione di matematica, tutta la storia è una lezione di matematica. È come in ogni lezione: c’è sempre un leccaculo al primo banco. I suoi compagni lo odiano quel leccaculo. Perché alza sempre la mano e risponde a tutte le domande. Che si deve fare? Andare avanti. Lo stronzo vuole andare avanti. E gli altri si arrangiano. Decide lui che dobbiamo andare avanti… è lui che decide… Lui la sa la matematica. Io non avevo ancora le idee chiare su Babbo Natale, figurati… neanche sui draghi. Il mio profumo preferito era la benzina. Sai, è come la tua fattoria: chi produceva raccolti migliori? Tu o i campioni in matematica, che te l’han soffiata?

Tu vero? E a che serve una fattoria? Ad avere raccolti. Questo  è il mondo Joe. Ed è una bellezza… ho ragione?

Joe: Hai ragione… È vero. Quindi la tua ansia, i tuoi problemi, è tutta colpa del mondo.

Frank: Ci sei arrivato. Certo! È colpa del mondo… cioè è colpa tua, è colpa mia. Non c’è scampo. È colpa di ogni strafottuto essere umano, o come amano farsi chiamare. È colpa di tutti quelli che ti girano intorno.

Joe: La vita manca di tenerezza… eh?

Frank:  Torna dalla mia ragazza, vai pure a vedere nascere il mio angelo. Deve essere splendida la vita se riesci a scherzare e riderci sopra. No fratello… io so solo stare qui e berci su.

Vedi… ci sono solo due tipi di uomini in questo inferno: o sei un eroe o un fuorilegge. Tu che cosa sei?

Joe: Gli uomini sono forti o deboli, fratello. Tu non sei forte. Te ne stai in un bar quando Dorothy ha più bisogno di te… e allora fa pure, su coraggio bevici sopra Frank. È vero hai ragione. Non c’è niente, non c’è niente che valga la pena… nemmeno i nostri figli vero?

Frank: I tuoi occhi sono chiusi, tienili sempre così.

Joe: No, i miei occhi sono aperti e sono sempre felice di guardare il mio bambino, mia moglie, la mia casa il mio giardino. E ti voglio bene Frank…

Frank:  Sicuro che non c’è altro?

Joe: Perché… La cosa ti fa tanta paura?

Frank: Ma perché a te non fa paura? Sto riparando un ponte perché flaccidi ricchi in pensione e le loro flaccide mogli e i loro fottuti bambini grassi ci passino sopra. Con le loro case motorizzate. Sto riparando un ponte:  è questo quello che faccio…

Joe: C’è altro Frank. La fuori c’è la famiglia… qui dentro c’è la pazzia.

(Lupo Solitario/Indian Runner)

Film del ’91 diretto da Sean Penn, al debutto come regista. La trama del film è completamente ispirata da una canzone di Bruce Springsteen: Highway Patrolman, album Nebraska.