La Finestra dell’Ospedale

La Finestra dell’Ospedale

Sono chiuso in questo ospedale da giorni, all’interno di una piccola stanza con due posti letto. Il mio è quello vicino alla finestra. Se mi tiro un po’ su col collo riesco a vedere fuori la gente che passa. La signora anziana col bastone, giovani medici, qualche bambino che corre e i genitori.

In camera ogni tanto entra un’infermiera. Ogni tanto un amico.
Poi vanno via ed io rimango di nuovo da solo. L’altro letto non è occupato.

Non ci sono molte cose da fare in ospedale. Stai un po al PC, leggi, cerchi qualche sito per guadagnare dei soldi con Internet, ma nulla. Mi sento inutile. Tutto ciò che faccio sembra solo una specie di ripiego, una vano e disperato tentativo di sentirmi ancora vivo, quando di vita in me ce n’è rimasta ben poca. Sto bruciando.

Se potessi uscire almeno un giorno. Un solo giorno di vita sana e aria libera.
Se solo potessi trasferirmi nel corpo di qualcun altro e provare per un attimo cosa vuol dire stare bene, ridere, amare, baciare, fare l’amore, sentire, viaggiare, giocare, saltare, correre, nuotare, scherzare, dormire. Cosa vuol dire essere normali.

E mi dispiace […] Peccato, perché mentre gli altri vivono, io guardo, inerme, come uno spettatore che non può intervenire. Vorrei partecipare. Vorrei prendere parte anche io a questo film. Perché sento che sarei un gran bel protagonista… e invece sono solo uno sconosciuto, una comparsa costretta a starsene seduta sul letto bianco di una stanza bianca di un ospedale bianco che guarda la gente passare dalla finestra. Bianca.

Se solo potessi guarire. Se solo sapessi come guarire. Se solo sapessero come guarirmi.

Cosa farei se potessi uscire da questo ospedale? Se mi dicessero: “È tutto ok, vai pure”. Se tutto questo fosse solo un controllo di routine, come il collaudo della macchina: “Devi solo cambiare l’olio, e far sistemare la freccia”.  Cosa farei se potessi davvero alzarmi da questo letto, muovermi verso la finestra e fermare quelle persone che vedo passare ogni mattino…

Marco MR ©

L’Essenza

L’Essenza

In profondità…

Ero nel bel mezzo dell’oceano. Non chiedermi come ho fatto, non ne ho idea. Ero lì, in mezzo a tutta quell’acqua, e mi son tuffato. Senza un motivo. Nessun perché. E non avevo paura. Sapevo solo che dovevo farlo.

Così ho iniziato a nuotare. E in mezzo a tutto quel buio, sapevo esattamente in che direzione dovessi andare. Vedevo. E respiravo… Un sogno? No… Nuotavo, sempre più in profondità. Sicuro…

Ho raggiunto il fondale di quel mare a me sconosciuto. Una caverna non molto lontano. Una strana luce vi usciva. Che forza! Mi attirava e io… non mi opponevo. Era meravigliosamente piacevole farsi trasportare da quell’energia (vo)luminosa.

Cos’era?

L’Essenza!

Oltre la luce.

Poi un vortice. Mi ha risucchiato e catapultato altrove. Un nuovo Mondo. Le persone, le strade, i libri. Ogni singola cosa, ogni singola anima. Tutto era cambiato. Nuovi colori, nuove sfumature. Nuovi occhi…

Il potere dell’Essenza… era in me.

Marco MR ©

Non smettete mai di protestare

Non smettete mai di protestare

Non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro.

Siate il peso che inclina il piano. Siate sempre in disaccordo perché il dissenso è un’arma. Siate sempre informati e non chiudetevi alla conoscenza perché anche il sapere è un’arma. Forse non cambierete il mondo, ma avrete contribuito a inclinare il piano nella vostra direzione e avrete reso la vostra vita degna di essere raccontata.

Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

B. Russell

Vagabondi del Dharma

[…] è un mondo pieno di nomadi col sacco sulle spalle, Vagabondi del Dharma che si rifiutano di aderire alle generali richieste ch’essi consumino prodotti e perciò siano costretti a lavorare per ottenere il privilegio di consumare tutte quelle schifezze che tanto nemmeno volevano veramente come frigoriferi, apparecchi televisivi, macchine, almeno macchine nuove ultimo modello, certe brillantine per capelli e deodoranti e generale robaccia che una settimana dopo si finisce col vedere nell’immondezza, tutti prigionieri di un sistema di lavora, produci, consuma, lavora, produci, consuma, ho negli occhi la visione di un’immensa rivoluzione di zaini migliaia o addirittura milioni di giovani americani che vanno in giro con uno zaino, che salgono sulle montagne per pregare, fanno ridere i bambini e rendono allegri i vecchi, fanno felici le ragazze e ancor più felici le vecchie, tutti Pazzi Zen che vanno in giro scrivendo poesie che per puro caso spuntano nella loro testa senza una ragione al mondo e inoltre essendo gentili nonché con certi strani imprevedibili gesti continuano a elargire visioni di libertà eterna a ognuno e a tutte le creature viventi…

(Jack Kerouac)

Straniero senza Terra

Straniero senza Terra

Sono anni che giro per le strade di questo paese e continuo ancora a sentirmi uno straniero.
Sono solo.
Attraverso il ponte, giro l’angolo, l’edificio antico; due vecchietti nel baretto nascosto, le panchine e la cascata, la pista ciclabile, le badanti che portano in giro le vecchiette.
Mi sentirò mai a casa? Sono già undici gli anni che ho trascorso QUI.

È il problema di chi, come me, lascia il proprio paese per motivi di lavoro e poi ci ritorna solo per le vacanze.
Torna al suo paese e… anche lì, le facce sono irriconoscibili. Cresciute. Gli edifici, le strade, le buche, i dossi, i semafori, i negozi, gli alberi, i parchi, le case, i colori… è cambiato tutto.
Un po’ brutto da dire, forse, ma quella terra, la sua terra, ormai non gli appartiene più. Continua a sentirsi uno straniero…
E odia tutto questo… Odia il posto in cui vive perché non è il suo paese e odia il suo paese perché cambia e continua a cambiare, anche senza di lui.

Sono un uomo senza terra. Senza casa. Con la mente in giro per il mondo…
Continuerò a sentirmi uno straniero per tutta la vita?

Non voglio tornare indietro, non voglio restare: voglio solo tornare a casa, ma una casa non ce l’ho.

Marco MR ©

Adesso ci sono i soldi della guerra. Quella che promette aiuti. È diventata buona la guerra…

Adesso ci sono i soldi della guerra. Quella che promette aiuti. È diventata buona la guerra…

Umana, generosa, compassionevole, umanitaria…

No, ma deve farlo credere. È fondamentale creare consenso alla guerra, far vedere che belle cose produce. Ci avevano già provato in Kosovo. L’idea della ‘guerra umanitaria’ si è formata sostanzialmente in quell’occasione: quando si decide di bombardare, di ammazzare, conviene garantire che dopo arriveranno gli aiuti.

Certo si tratta di molto danaro, ma in fondo costa quanto un giorno o due di guerra, è un costo aggiuntivo che vale la spesa: è pubblicità, è comunicazione. E il mondo ‘umanitario’, in buona misura, è stato al gioco.

Gino Strada